Abbiamo parlato diverse volte della questione dei buoni fruttiferi postali della serie Q/P.
Riepilogando, nel corso degli anni ‘80, a causa di una forte inflazione, i buoni postali emessi avevano rendimenti molto elevati. Tuttavia, il 13 giugno 1986 è stato emanato un decreto che ha istituito una nuova serie, la serie Q, i cui rendimenti erano notevolmente inferiori rispetto ai rendimenti delle serie precedenti.
Qual è il problema?
La questione sorge dal fatto che gli uffici postali, per emettere i nuovi buoni della serie Q, potevano utilizzare le matrici cartacee delle serie precedenti, però dovevano apporre un timbro per correggere i rendimenti delle serie precedenti, molto più elevati, e indicare i rendimenti più bassi previsti per la nuova serie Q. Questi buoni avevano una durata trentennale e sul retro dei buoni c’era infatti una tabella che riportava i rendimenti per tutti i 30 anni di durata del titolo.
Poste Italiane ha apposto però i timbri con i nuovi rendimenti soltanto fino al ventesimo anno, lasciando inalterati i rendimenti previsti dalla vecchia serie per gli ultimi 10 anni.
Quali sono le conseguenze?
Ora, questi buoni sono scaduti o sono in scadenza in questi anni e quando il buono viene presentato per l’incasso, Poste Italiane liquida il buono secondo i rendimenti più bassi previsti dalla nuova serie Q; invece, poiché il timbro modifica i tassi soltanto per i primi 20 anni, noi abbiamo contestato questo calcolo, perché secondo noi per gli ultimi 10 anni Poste deve liquidare quanto è riportato sul buono, con una differenza notevole per il risparmiatore in quanto i rendimenti delle serie precedenti erano molto maggiori rispetto a quelli riconosciuti dalla serie Q.
La differenza è in genere di migliaia di euro, con importi differenti a seconda del taglio iniziale del buono.
Adiconsum Marche si occupa di questa materia ormai da molti anni, presentando un elevato numero di ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario.
Nel corso del 2020 sono stati presentati 50 ricorsi all’ABF dei quali ben 44, ossia l’88% hanno riguardato i Buoni Fruttiferi postali, ed abbiamo ottenuto il 100% di pronunce favorevoli, tanto che nel solo 2020 abbiamo recuperato un importo pari a 341.000 euro.
Nell’ultimo periodo, tuttavia, è sorto un problema: da qualche mese, Poste ha comunicato la volontà di non adempiere alle decisioni dell’ABF in questo specifico ambito, data la mole di ricorsi e gli elevati importi che l’istituto si trova a dover rimborsare a seguito delle pronunce dell’ABF che accolgono i ricorsi; secondo le nostre statistiche, ci sono 49.000 euro che sono stati di fatto recuperati tramite i ricorsi all’ABF, ma che l’istituto ancora non ha corrisposto ai risparmiatori.
Dunque, per ora, siamo in una situazione di stallo; occorrerà verificare se Poste cambierà la sua decisione e riprenderà ad adempiere oppure se nel prossimo futuro saremo costretti ad intentare azioni giudiziarie vere e proprie al fine di tutelare i diritti dei risparmiatori.
In ogni caso, consigliamo di presentare comunque il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, in primo luogo perché, non adempiendo, Poste vuole proprio scoraggiare i possessori dei buoni postali a presentare i ricorsi, ma soprattutto perché, qualora poi si decidesse di andare in causa, è importante avere già in mano una pronuncia favorevole dell’ABF, che è un organismo di risoluzione delle controversie specializzato nel settore finanziario, e quindi una sua pronuncia favorevole può rivelarsi molto utile.